Macchinari, domanda interna +8,1% in volume vs pre-Covid, con MPI più diffuse in Emilia Romagna e Veneto

L’investimento in macchinari determina diffusi benefici sul sistema produttivo. I nuovi macchinari rappresentano, soprattutto per le piccole imprese, un rilevante componente della spesa per l’innovazione, aumentano la sicurezza sul lavoro, adottano tecnologie energy saving,  contribuendo al calo del 17,7% dell’intensità energetica delle imprese manifatturiere nell’ultimo decennio e alla riduzione delle emissioni di gas serra. La crescente digitalizzazione di macchine e impianti per la produzione manifatturiera – incentivata da interventi per la Transizione 4.0 – favorisce la crescita della produttività e genera una domanda di lavoro qualificata, attivando processi formativi per il consolidamento di competenze digitali.

La ripresa in corso è associata ad una robusta crescita degli investimenti in macchinari e impianti, che nel terzo trimestre 2021 si collocano al di sopra dell’11,2% rispetto ai livelli del quarto trimestre del 2019, precedente allo scoppio della pandemia.

Domanda interna e incentivi fiscali – Il credito di imposta per investimenti in beni materiali e immateriali, tradizionali e 4.0 sta sostenendo la domanda interna di macchinari, determinante per la crescita dei ricavi del settore. Il volume di fatturato, stimato al netto della tendenza dei prezzi, nei primi dieci mesi del 2021 registra un aumento del 3,0% rispetto allo stesso periodo del 2019, interamente determinato dall’aumento dell’8,1% del mercato interno, mentre ristagna (-0,8%) il mercato estero.

Il peso nei territori delle MPI nella produzione di macchinari – Le 18.693 micro e piccole imprese attive nella produzione di Macchinari ed apparecchiature contano 179.357 addetti che rappresentano l’1% degli addetti del totale economia, quota che sale al 4,8% in rapporto agli addetti del Manifatturiero.

A livello regionale la quota media viene superata dall’Emilia-Romagna con il 2,0%, dal Veneto con l’1,7%, dal Piemonte e dalla Lombardia, entrambe con l’1,4%, dal Friuli-Venezia Giulia con l’1,3% e dalle Marche con l’1,1%. A livello provinciale una quota doppia rispetto alla media si rileva per: Novara (3,5%), Lecco, Modena, Parma , Reggio Emilia, Varese e Vicenza (tutte con il 2,6%), Brescia e Cremona (entrambe con il 2,5%), Pavia e Vercelli (entrambe con il 2,3%), Asti, Padova e Verbano-Cusio Ossola (tutte con il 2,2%), Piacenza (2,1%) e Ferrara e Mantova (entrambe con il 2,0%).

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